Premetto una cosa per me molto importante: non mi interessa parlare dell’intellettuale in quanto tale perché l'argomento mi sembra molto sterile e limitante. È molto più importante parlare del “movimento delle donne”: in definitiva sono gli individui che fanno la storia e non gli intellettuali. Quello che si è visto finora è in realtà un movimento femminista istituzionalizzato, anche nelle sue forme più ribellistiche e radicali. Questi movimenti delle “autonome” che riproducono apparentemente un rifiuto radicale, con tutto il discorso della lotta armata, si ritrovano ancora una volta all’interno delle istituzioni. Attaccare le istituzioni e tutte le forme dello stato viene dall’analisi con cui è stata condotta fino a ora la logica del potere. Se si pensa, però, che si tratta di costruire un movimento diverso da quello che è stato il movimento operaio, che crei anche un punto di vista sulla società e sull’emancipazione, e non sia la solita rivendicazione di classe, si arriva automaticamente a considerare quella che è stata l’evoluzione di tutti i movimenti rivoluzionari. Si crea una nuova antropologia che non ha connessioni con la situazione politica esistente: è riuscire a vedere il potere con un occhio col quale finora non è stato visto. Riuscire a vedere la dimensione del profondo, dell’inconscio è identificare il peso che i desideri e la sessualità hanno nei confronti della razionalità politica. Mai come ora si può vedere come l’ordine del discorso politico è permeato, filtrato e messo in dissesto da qualcosa che proviene da un terreno che non è mai stato preso in considerazione. È vero che le donne hanno conquistato rapidamente degli spazi in cui gestirsi, come è vero che molto più lentamente sta venendo fuori un punto di vista della donna diverso dall’avere degli spazi. “Avere degli spazi” significa che un soggetto oppresso comincia a prendere parola. In realtà quello che succede nella società tocca anche noi, non è che noi ci muoviamo in un “mare separato”, ma se non avessimo avuto il coraggio, almeno in una fase iniziale, di mettere fra parentesi quello che si ha attorno, il femminismo non sarebbe mai nato. C’è stato un momento in cui si è sentito il bisogno di mettere a distanza l’uomo, le istituzioni e la sua storia. Dove c’è stata una cancellazione nel profondo non si può stabilire una dialettica. Non interessa a questo punto vedere un quadro d’insieme, ma piuttosto interessarsi di quella situazione particolarissima che solo individualmente si può vedere, perchè nessuno l’ha mai vista: il tempo e lo spazio in quanto donna non hanno più senso. Così quando succede un fatto all’esterno la donna è portata a dire che esso non la tocca minimamente: questo penso che abbia un senso profondo e che non sia affatto qualunquismo. Il fatto che le donne dicano, di fronte a una situazione storica come questa, che a loro non interessa niente, è la testimonianza di una grande forza che a lungo andare, questo è anche vero, può ritorcesi contro di loro. Sono convinta che l’opinione della storia che hanno le donne in questo momento non ha la capacità di incidere: quello che apparentemente incide è quell’aspetto istituzionalizzato del movimento, perchè le donne non entrano nel circolo dei valori del potere.



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